
La nostra vera natura di esseri vitali è il movimento e la transizione è per noi una condizione costante, esattamente come per la natura, di cui siamo parte. Esistono, nella vita umana, età di passaggio, in cui si condensa in modo poderoso il potere del cambiamento e che le civiltà, da sempre, onorano con riti. Esistono anche tempi storici in cui si manifestano profonde condizioni di rottura; cambiamenti che richiedono la nostra adattabilità, la capacità di scegliere, la forza di creare il nuovo, la fermezza di dialogare con le nostre paure, di superare le delusioni e gli attaccamenti e ripartire con coraggio ed entusiasmo. La natura sostiene questo nostro processo, sia individuale e intimo che collettivo, lo alimenta, lo benedice, mostrandoci in ogni istante che ci si può trasformare e che, in realtà, lo stiamo già facendo.
Il tempo della transizione può essere sofferto, vissuto in solitudine, oppure gioioso e condiviso. Può essere un tempo di grandi insegnamenti, di elaborazioni di quello che piano piano si sta dissolvendo, e di accoglienza di quanto ancora non c’è. E’ un tempo simbolico, fatto di immagini che dobbiamo imparare a desiderare per rendere vere, di linee temporali nuove, che vanno condensate e fatte divenire solide, affinché il futuro che vogliamo, si manifesti.
Questo è un tempo per riscoprire la relazione perduta con il mondo naturale e le sue forze, per ritrovare l’antica alleanza con gli alberi. E’ un tempo da vivere in gruppo, perché il bosco è “gruppo” e noi umani, quando siamo davvero presenti a noi stessi, siamo “tribù”. La direzione di questo tempo è segnata da un ritorno collettivo ad “Essere Nativi”, a sentirci parte di questo pianeta, del quale ognuno di noi è guardiano nel suo luogo. Questa condizione felice ci permette di attingere all’energia di alberi, agli Elementi ed alle forze sottili della natura, per sostenerci reciprocamente e focalizzare una nuova visione del futuro. Non serve ora coltivare il rancore per ciò che lasciamo, non servono l’irrisolto, il senso di rabbia e la delusione.
Serve celebrare, per lasciare andare senza impoverirci, per iniziare il nuovo nell’abbondanza. Per ripulire il nostro campo energetico da scorie che non ci sono utili.
Serve benedire, il vecchio che va e il nuovo che viene.
Serve accogliere, nuove visioni, e serve evocare il proprio potere creativo per realizzarle.
Serve pacificare, perché le radici dell’albero sono sacre quanto le chiome ed altrettanto libere, se affondano in un terreno puro. Quello che siamo, viene anche da quella civiltà che vogliamo dismettere. E’ anche essa parte di quelle entità che sono i nostri antenati. Come tale va onorata, pacificata, riconosciuta. Solo così essa diviene una forza con cui costruire il nuovo e ricordare l’antico.
Buon viaggio a tutti noi!
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Foto di Valentina Gonella - Colibrì 2.0 Consulting Factory
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